

Venerdì, durante la mia classica “rassegna stampa” su YouTube alla ricerca di nuovo materiale in grado di solleticarmi, sono incappato nel lancio dinamico globale della nuova 911 GT3 serie 992.2. Tra i video stranieri, perché gli italiani mi fanno venire il latte alle ginocchia già solo sulla parte cinematografica, uno dei migliori è stato il solito e eccellente Henry Catchpole per Hagerty. Durante la passeggiata del giornalista inglese tra tutti i modelli dalla 996 a oggi, un momento è stato dedicato ad un veloce focus sulla tecnica della neonata GT3 a cura di Andreas Preuninger, storico capo della divisione GT di Porsche. Qui, durante la spiegazione su quanto è stato difficile omologare ancora il flat-six come aspirato mantenendo il limitatore a 9.000 giri, mi sono chiesto: ma elettrificando il resto della gamma saremmo in grado di salvare il 6 cilindri boxer? E applicando la stessa logica agli altri costruttori, si possono salvare tutte le altre sportive/supercar/hypercar termiche?
La logica dietro la mia prima domanda poggia le basi su un modello che la stessa Porsche ha fatto suo negli ultimi ventidue anni, ovvero usare i SUV prima di tutto per non fallire e poi dedicarsi allo sviluppo di sportive e supercar di primo livello. Senza infatti l’arrivo del Cayenne nel 2003 e del Macan dieci anni dopo, probabilmente non avremmo avuto una gamma GT di così alto livello e capolavori ingegneristici come la 918 Spyder o la Carrera GT. Il passaggio ad un catalogo completamente “alla spina” è inoltre già in corso dal 2019 con l’uscita della Taycan, seguita quest’anno dalla Macan e a breve anche da Cayman e Boxter, seppur con qualche evidente difficoltà data pare dall’efficienza delle batterie e dalla mancata comunicatività della nuova piattaforma elettrica. In teoria quindi a dover essere convertite sarebbero solo più la Cayenne e la Panamera che sommate agli altri modelli, e basandosi sui dati di vendita del 2024, porterebbero quasi 260.000 auto a passare 0 emissioni dirette. Un progetto dunque fattibile sia lasciando l’intera gamma della 911 a benzina e/o ibrida, sia elettrificando pure quest’ultima e lasciando a benzina solo GT3, GT3 RS e GT2 RS. Follia che va contro la tradizione Porsche dirà qualcuno, ma analizzando con un minimo di oggettività il cliente medio di Taycan, Cayenne, Macane e Panamera, si nota come questi cerchino più lo status del marchio, la sua qualità costruttiva e le prestazioni, tutte cose che un passaggio “a pile” garantirebbe comunque. Muovendoci alle note negative dell’idea, si andrebbe sicuramente incontro ad un sacrificio di Cayman e Boxter con le loro varianti sportive in favore del salvataggio delle 911, a cui vanno aggiunte per ora le oggettive scomodità tipiche delle elettriche relative ad autonomia e tempi di ricarica, tutte caratteristiche che nel corso degli anni potrebbero essere risolte con delle importanti evoluzioni tecnologiche.
Passando alla seconda domanda la situazione si fa decisamente più complicata. Porsche e gli altri marchi di lusso infatti hanno gamme decisamente più snelle, logiche industriali meno intricate e possibilità di sviluppare motorizzazioni specifiche per uno/due modelli anziché un’intera gamma, dato che ai clienti non pesa granché pagare lo sviluppo con un prezzo maggiorato fintanto che la vettura rispetti le promesse (guardate quanto il prezzo della GT3 è cresciuto nel tempo). Per un grosso costruttore la situazione è diversa e non riguarda solo le multe sulle emissioni: i costi di sviluppo infatti sono molto alti, la produzione è più complicata perché magari si snoda su più stabilimenti e i prezzi devono essere concorrenziali per non andare in perdita. Cercare quindi di far quadrare queste caratteristiche con un passaggio di un intero catalogo fatto di sotto versioni per ogni modello, ma contemporaneamente spendere milioni per lo sviluppo di un motore a benzina (magari aspirato) da montare su una o due auto, sarebbe una follia economica. Prendiamo ad esempio un marchio che adoro da sempre, ovvero BMW. La casa dell’elica al momento ha 122 modelli orrendi in vendita che sta elettrificando in maniera sempre più capillare, spingendosi per ora timidamente anche nelle M con la pachidermica M5. Ora immaginate di spendere miliardi per elettrificare tutta la gamma e sviluppare continuativamente nuove tecnologie per rendere le EV sempre più simili alle termiche: quanto rimarrebbe per far tornare le M al 6 in linea o al V8/10 aspirato? Poco se non nulla e il costo sarebbe molto probabilmente oltre ogni buon senso a causa delle multe da pagare sulle emissioni, anche se la quantità di clienti interessati sarebbe altissima. Un esempio lampante è Toyota, che grazie alle ibride è riuscita a creare la famiglia delle GR sebbene in Europa sia obbligata a portarne in quantità limitata per non soccombere sotto le sanzioni. Se si sposta poi l’attenzione verso gli altri costruttori più “piccoli” e in difficoltà come vendite globali, la situazione diventa anche più tragica dato che o si trasforma le sportive in elettriche con risultati per ora indecenti e privi di senso, vedi Abarth con 500 e 600, o le si chiude definitivamente come la Ford ha fatto con la Focus RS.
Entrambe le domande tuttavia si scontrano con la realtà del Green Deal, che impone ai costruttori di smettere di produrre del tutto auto termiche a prescindere da quanto abbiano elettrificato il loro catalogo. A prescindere però dal cambiamento o meno delle norme sull’automotive durante l’incontro con le case fissato il 5 marzo, lo stato attuale e futuro del mondo delle sportive mi preoccupa non poco. Se infatti le sportive e le supercar di alto calibro sono sempre state non per tutti, vedi Porsche e Ferrari ad esempio, sotto di queste trovavamo le M, le AMG, le RS, le Abarth, le Renault Sport e via discorrendo che erano a portata di un ventaglio di clienti piuttosto ampio, democratizzando il divertimento. Ora purtroppo ciò che era elitario lo è sempre di più e ciò che dovrebbe essere accessibile non lo è più a causa dei costi di sviluppo mostruosi, regole sulle emissioni sempre più stringenti e necessità da parte delle case di razionalizzare sui listini eliminando i modelli poco remunerativi. E il passaggio all’elettrico, come detto sopra, per ora non sembra aver ottenuto grandi risultati a causa di costi alti, poco coinvolgimento rispetto alle antenate a benzina e autonomie/tempi di ricarica non ancora concorrenziali. Poi certo, Hyundai ad esempio ha creato un prodotto interessante e promettente con la Ioniq 5 N, ma a quasi 77 mila euro siamo ben lontani dal renderla appetibile per tante persone come lo erano le i20 e i30 N.